Tutte le nuove anticipazioni sui temi trattati e sugli ospiti al Trieste Coffee Experts

Ecco la seconda parte delle anticipazioni degli interventi programmati per le giornate del Trieste Coffee Experts.

Tra le notizie “calde” in vista della manifestazione organizzata dai fratelli Bazzara, la presenza e l’intervento dell’illustrissimo Ambasciatore della Colombia in Italia, la dott.ssa Gloria Isabel Ramirez: “Colombia, sviluppo tra produttività sostenibile e qualità del caffe”, durante il quale verrà illustrato un quadro storico attuale della Colombia caffeicola, sotto il profilo dell’innalzamento della qualità del caffè negli ultimi anni.

Di seguito alcune anticipazioni sugli interventi dei rappresentanti di Centro Studi AssaggiatoriDemus e Ima Petroncini a Trieste Coffee Experts :

Luigi Odello (Centro Studi Assaggiatori) – “La sostenibilità sensoriale del caffè”

Sostanzialmente la sostenibilità sensoriale è direttamente correlata con il piacere e inversamente correlata con i limiti nella quantità di bevanda che possiamo assumere. In parole povere se un caffè è buono vorremmo berne quantità elevate. I cui limiti sono determinati dalla presenza di composti che oltre un certo quantitativo diventano nocivi. In poche bevande come il caffè si riscontra una così alta frequenza di casi in cui la qualità sensoriale è accompagnata da basse quantità di elementi fisiologicamente negativi, come la caffeina e gli acidi fenolici.

Ne abbiamo avuto conferma inserendo in un database quasi 600 campioni di caffè di 20 paesi del mondo profilati con membri dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè provenienti da 12 nazioni e valutati con il metodo Trialtest plus del Centro Studi Assaggiatori.

Dalle elaborazioni eseguite si evince che il piacere è innanzitutto correlato all’equilibrio gustativo e tattile e all’ampiezza del bouquet.

Sulla base di questa analisi, volgendo lo sguardo all’ampia offerta presente sul mercato, si può anche giungere all’individuazione di quanti, sabotando il piacere, riducono di fatto la sostenibilità sensoriale. Emergono sostanzialmente tre categorie: gli stupidi, i malfattori e i modaioli (più o meno arroganti).

Massimiliano Fabian (Demus) – “Dalla salute al piacere, non solo caffeina”

La caffeina se assunta in dosi eccessive può portare a effetti collaterali non piacevoli. Ed è quindi necessario diffondere le informazioni sulle dosi di assunzione giornaliere consigliate, tenendo conto che la caffeina è presente anche in altre bevande e alimenti. Ciò renderà il consumatore consapevole su quante tazze possa bere durante la giornata, magari alternandole col decaffeinato.

Il decaffeinato, oramai libero dai luoghi comuni che in passato rendevano il consumatore diffidente sulla qualità della bevanda, oltre a ridurre la dose giornaliera di caffeina, è una bevanda a ridotto contenuto di cere (se processato con determinati metodi) che rendono la bevanda meno irritante per lo stomaco e quindi più “digeribile”.

Svariati studi hanno dimostrato gli effetti benefici del caffè, non necessariamente correlati alla presenza di caffeina, a conferma che il consumo abituale di caffè è una sana abitudine da mantenere in assoluta sicurezza, grazie ai numerosi controlli analitici cui è sottoposto lungo tutta la filiera produttiva.

Roberto Pedini (Ima Petroncini) – “Il valore aggiunto dell’Industria 4.0 per le torrefazioni”

Macchine e servizi intelligenti studiati per analizzare i risultati, al fine di ottimizzare e standardizzare i processi produttivi. Sistemi interconnessi in grado di offrire all’utente un’esperienza personalizzata di creazione di valore lungo l’intera coffee chain.

Il caffè è conosciuto da tutti come bevanda da consumare abitualmente. Un rito quotidiano che si compie quasi in automatico per avere la carica necessaria derivante dalla caffeina e per godersi il caratteristico aroma

Il caffè monsonato: storia e origine

La storia e l’origine del caffè monsonato è molto particolare. La sua origine è l’India e la sua nascita è avvenuta quasi per caso.

La storia del caffè monsonato parte già dal 1800 quando i trasporti avvenivano ancora con i velieri. Durante i lunghi viaggi, i chicchi di caffè venivano regolarmente fatti arieggiare. Questo serviva principalmente per non far crescere delle muffe spiacevoli.

Ciò che si creava durante il viaggio era una patina giallastra, che rendeva i chicchi dorati anziché verdi. Tutto ciò era dovuto all’aria carica di umidità e alla salsedine presente.

Il caffè (monsonato) che ne scaturiva aveva una un aroma speziato e molto intenso dalle note saline. Per molto tempo i commercianti europei acquistarono questa tipologia di caffè. Fu solo con l’apertura del canale di Suez nel 1869 e l’avvento delle navi a vapore che il caffè importato dall’India iniziò ad arrivare con i colori e i suoi sentori originali. Tutto ciò fu la sfortuna (ma anche la fortuna) del caffè monsonato; questa tipologia di prodotto divenne un caffè di élite, ricercato proprio per le sue peculiarità.

Oggi, gli aromi del caffè monsonato, vengono riprodotti dai coltivatori di caffè indiani proprio nella stagione dei monsoni. Da giugno a settembre, lungo la costa di Malabar, i chicchi già essiccati vengono deposti uniformemente in tratti alti circa 15 centimetri all’interno di strutture aperte ai lati e protette unicamente da una tettoia, affinché assorbano al meglio l’umidità.

In un secondo tempo il caffè monsonato viene messo in sacchi di Juta accatastati, in modo da permettere un’ulteriore esposizione all’aria umida e salata.

Durante questo periodo (circa ¾ mesi) il caffè monsonato subisce una aromatizzazione in cui l’acidità si attenua, i semi si gonfiano e assumono il tipico colore giallo paglierino.

Questo prodotto è realizzato sia con Arabica che con Robusta.

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I caffè gourmet

Quando si parla di caffè gourmet si pensa sempre a caffè di nicchia, piccole produzioni sparse per il mondo, raccolte in paradisi terrestri.

I caffè gourmet sono dei piccoli gioielli caffeicoli tutti da scoprire. Le loro caratteristiche sono molto particolari, tanto da essere ricercati in tutto il mondo. Qui di seguito è possibile trovare alcuni esempi di questi caffè particolari.

Il primo è lo Yemen Mocha. E’ un caffè dall’aroma molto intenso e dall’acidità liquorosa. E’ coltivato in modo organico nelle fertili terrazze delle montagne occidentali dello Yemen. In quest’area le altitudini raggiungono i 3000 metri. Lo Yemen Mocha è considerato il capostipite di tutti i caffè.

Altro esemplare di caffè gourmet è l’Ethiopia Harrar. Dai toni fruttati, con un marcata acidità e un buon corpo questo prodotto etiope non è sicuramente adatto a tutti i palati. E’ un espresso con note di frutta matura, fiori freschi e un corpo vellutato.

Principe azzurro di questa categoria è il Jamaica Blue Mountain. Dall’aroma molto intenso e forte, è un gioiello del mondo caffeicolo. La Bazzara espresso, tanto ne apprezza il gusto, da inserirlo all’interno della sua miscela di punta: il DODICIGRANCRU. In bocca questa origine lascia un retrogusto fruttato e lievi note agrumate. E’ l’unico ad essere commercializzato in piccoli barili.

Gourmet è sinonimo anche di rarità perché è il NEPAL Mount Everest l’unico caffè a riuscire a crescere a nord del tropico del cancro.

Infine abbiamo il famoso Kopi Luwak, originario dell’Indonesia. Nasce dall’interazione tra il Luwak (uno zibetto), l’uomo e la pianta del caffè. Questo prodotto è ottenuto dalla raccolta degli escrementi del luwak che nutritosi di caffè, attivando così un processo di fermentazione all’interno del proprio intestino. Ciò che ne scaturisce è una bevanda molto più corposa e gustosa in tazza.

Moltissimi sono i caffè gourmet presenti e commercializzati dalla Bazzara Espresso. Alcuni di questi sono stati citati, come il Jamaica Blue Mountain presente, sia in “pura origine” per i professionisti del settore e venduto solo per ordini superiori ai 24kg, sia all’interno della miscela DODICIGRANCRU commercializzata in confezioni da 1kg, 250g, capsule compatibili nespresso, capsule compatibili espresso point (FAP), capsule compatibili Lavazza A modo mio e cialde da 44mm di diametro.

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Maria Teresa e il suo influsso per la diffusione del caffè a Trieste

Trieste è la capitale del caffè per eccellenza. Ogni giorno nel suo porto attraccano navi che trasportano milioni di tonnellate di caffè verde destinato alla commercializzazione in tutta Italia. Ciò si deve principalmente grazie alle politiche espansionistiche di oltre tre secoli fa dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria.

A Trieste il caffè non è solo commercializzato ma vive, già all’interno del porto franco, l’intera filiera produttiva. Qui è possibile trovare:

  • Esportatori
  • Brokers
  • Importatori
  • Spedizionieri
  • Banche
  • Assicurazioni
  • Aziende per la lavorazione del crudo
  • Torrefazioni
  • Decaffeinizzazione
  • Consumo

Tutto ciò lo si deve principalmente ad una sola persona: l’imperatrice dell’impero austro-ungarico Maria Teresa d’Austria. Essa portò alla città una serie di riforme che la resero come la conosciamo oggi. Venne istituito il catasto, resa l’istruzione primaria obbligatoria e abolita l’inquisizione

Facciamo però un passo indietro. Grazie alla proclamazione a porto franco avvenuta per volontà di Carlo VI nel 1719 e al conseguente potenziamento effettuato da Maria Teresa d’Austria, Trieste diventa uno dei maggiori porti commerciali d’Europa.

Si può quindi affermare che già dai primi anni del ‘700 la città si specializza nella commercializzazione del caffè al pari di Amburgo, Marsiglia e Livorno. I più importati erano quelli prodotti in Etiopia e Yemen.

Ciò che ha influito maggiormente nella diffusione della bevanda sono state sicuramente le politiche dell’imperatrice asburgica sui dazi doganali. E’ infatti nel 1779 che vengono imposte tasse pesanti sull’utilizzo degli alcoolisti, al contrario di quelle presenti per il caffè.

Nel Friuli Venezia Giulia i primi a diffondere ed usare la bevanda sono stati gli aristocratici, su emulazione della casata reale. Successivamente verso la prima metà dell’800, è andata a diffondersi anche nella borghesia e nei ceti medi. Negli stessi anni si vede, in città, un forte aumento delle “Botteghe di caffè”: basti pensare che nel 1815 si contavano già ben 38 caffetterie su 33000 abitanti.

Altro grande incentivo dato da Maria Teresa d’Austria alla diffusione del prodotto era la possibilità di far vendere alcolici ai caffettieri e ai liquoristi di somministrare, vendere e produrre caffè.

Grazie a tutto questo e alle politiche dell’imperatrice, Trieste rimane legata alla bevanda in modo indelebile. Con gli anni che passano e l’aumentare delle caffetterie (e anche delle licenze) si mutano le abitudini degli abitanti. Il triestino della classe media comincia a fare maggior vita da caffè. Qui leggeva, scriveva, giocava e dialogava con altri suoi pari. È grazie anche a questo che sono sopravvissuti a guerre e crisi economiche, quelli che oggi sono definiti i caffè storici di Trieste.

In questi, grandi letterati come Svevo, Joyce, Saba e Stendhal hanno scritto pezzi della letteratura mondiale.

Tra i più famosi possiamo citare il caffè Tommaseo, aperto nel 1830 o anche il Caffè degli Specchi inaugurato solo un paio di anni prima. Non di meno è il caffè San Marco aperto nel 1914 che diviene subito luogo d’incontro degli irredentisti. Suoi clienti abituali dopo la ricostruzione (fu distrutto durante la Grande Guerra) furono: Saba, Svevo e Giotti.

La grande cultura per il caffè che i triestini hanno ereditato in tre secoli di storia del porto franco ha dato vita a scuole di formazione professionale dedicate al caffè espresso.

Tra questa sicuramente da menzionare è la Bazzara Academy che ha come mission la volontà di creare percorsi unici che possano entusiasmare e affascinare, oltre che diffondere, la passione per il caffè espresso di qualità attraverso l’utilizzo di strumenti all’avanguardia.

La Bazzara Academy è tra le poche accademie in Italia ad avere come formatori tre AST SCA interni: Andrea, Marco e Mauro Bazzara.

Marco è il Quality manager della struttura. Da sempre nel mondo del caffè ha scelto di arricchire il suo bagaglio sensoriale con diversi diplomi specializzanti: vino, miele, acqua, acquavite e cioccolato.

Presso la Bazzara Academy si possono seguire corsi su misura, studiati insieme al formatore oppure seguire uno dei corsi del Coffee Skills Program SCA, così da conseguire gli esami per ricevere le certificazioni.

Per maggiori informazioni scrivere a academy@bazzara.it

ECCO I PRIMI ABSTRACT DEI PROTAGONISTI DEL TRIESTE COFFEE EXPERTS 

Novità importanti arrivano dal Trieste Coffee Experts.

L’evento caffeicolo organizzato dai fratelli Bazzara a Trieste prende forma! Molte le personalità invitate come relatori tra cui Giuseppe Biffi della Siemens, Sergio Barbarisi della BWT e Andrej Godina caffè esperto per Umami Area. Tema centrale di tutto l’evento è il futuro del caffè in tutte le sue sfumature. La prima giornata infatti verterà verso il “Coffee Destiny” mentre la seconda, che si svolgerà nella splendida cornice del Savoia Excelsior Palace di Trieste, sarà incentrata sul “Coffee 4.0”. 

Qui di seguito alcuni abstract della giornata: 

GIUSEPPE BIFFI (SIEMENS) “Thinking Industry further! Digitalization for manufacturing” 

L’innovazione non è solo ricerca, nè solo tecnologia ma è anche la capacità di rendere disponibili e fruibili concretamente i risul- tati della ricerca stessa e delle nuove soluzioni, trasformandoli in opportunità di business per le imprese manifatturiere, anche nel settore del Food & Beverage. L’approccio olistico di Siemens supporta la trasformazione digitale delle imprese grazie a tecnologie quali Simulazione, Digital Twin, Virtual Commissioning, Industrial IOT e Cloud, Cyber Security, Predictive Maintenance, Realtà Aumentata, riducendo il time to market, aumentando l’efficienza produttiva e creando nuove op- portunità di business. 

SERGIO BARBARISI (BWT) “Caffè e macchina: la stessa acqua, necessità “opposte”. Quali sfide ci attendono per il trattamento dell’acqua in un mondo che cambia” 

Da sempre l’acqua, elemento fondamentale della nostra vita, è anche ingrediente fondamentale di un buon caffè espresso. La necessità di preservare le attrezzature è stata ultimamente affian- cata dalla conoscenza dell’acqua come ingrediente del caffè, con mille sfumature di gusto in tazza a secondo del trattamento appli- cato. Oggi però in ogni cosa che facciamo si comincia a prestare attenzione all’impatto sull’ambiente determinato da tutto ciò che usiamo e che produciamo. Ferma restando quindi la richiesta di un caffè di qualità, quale è l’impatto generato dai sistemi di trat- tamento dell’acqua?” 

ANDREJ GODINA (UMAMI AREA) “Caffè sostenibile: l’importanza di aggregare una responsabilità sociale su tutta la filiera di produzione” 

La merceologia caffè soffre di una grave crisi economica finanziaria dovuta alla fissazione del prezzo della ma- teria prima sui mercati di borsa basata sulla contrattazione di contratti futures. L filiera di produzione del caffè penalizza il primo anello, quello del coltivatore che, spesso, non riesce a coprire i costi di produzione dei chicchi. Attualmente il caffè che si consuma non è etico né socialmente responsabile. La case history di Anna Caffè, so- cietà srl sociale è un modello di produzione di caffè che permette di redistribuire una equa quantità di responsabilità sociale su tutta la filiera.

L’arte della decaffeinizzazione del caffè

Il caffè decaffeinato non è il demonio. Non ha controindicazioni maggiori rispetto ad un espresso classico.

Tuttavia, non bisogna abusarne poiché la caffeina al suo interno non è totalmente eliminata, bensì solamente ridotta.

Come si effettua la decaffeinizzazione del caffè?

Esistono diverse tipologie di processi di decaffeinizzazione che differiscono tra loro solamente dal tipo di solvente che si utilizza. D’altro canto i passaggi sono sempre i medesimi ovvero: il gonfiaggio, l’estrazione della caffeina, il recupero del solvente, l’asciugatura, l’insaccatura e l’analisi.

Quali sono le tipologie di solvente che sono maggiormente utilizzate?

  1. L’acqua.
    Anche se dal punto di vista mediatico questo solvente è il più apprezzato, non sempre dà i risultati sperati e quindi non ottimali. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: il gusto in tazza non rimane persistente e il colore dei chicchi è troppo scuro per essere commercializzato prima della tostatura.
  2. Acetato di etile.
    E’ un composto naturale, specifico per la rimozione della caffeina. E’ spesso presente nella frutta, tuttavia, anche questo ha forti problematiche: è altamente esplosivo. Pro? Ha un forte odore fruttato.
  3. Anidride Carbonica.
    L’utilizzo di questo solvente è tra i più costosi poiché obbliga a lavorare a pressioni elevatissime (oltre le 200atm)
  4. Diclorometano
    Il diclorometano è il più usato tra i metodi per la decaffeinizzazione del caffè e anche il più diffuso. È stato inoltre il primo ad aver avuto un utilizzo negli impianti industriali del caffè.
    Questa è una sostanza che agisce specificatamente sulla caffeina. È altamente volatile ed infatti viene eliminata facilmente con l’utilizzo del vapore acqueo.
    La qualità della decaffeinizzazione che si ottiene è tra le migliori perché vengono conservate totalmente tutte le caratteristiche del caffè interno (fatta eccezione della cera).

Quali sono le fasi della decaffeinizzazione?

  1. Gonfiaggio
    Questa è la prima fase della decaffeinizzazione. I chicchi di caffe vengono “gonfiati” con il vapore acqueo al fine di distanziare la loro struttura cellulare.
  2. Estrazione
    È la parte principale di tutta la decaffeinizzazione perché è il momento in cui viene eliminata la caffeina dai chicchi di caffè.
  3. Recupero del solvente
    Questa fase è molto importante perché il solvente ha dei limiti di legge sui residui.
  4. Asciugatura
    E’ una fase in cui bisogna fare tantissima attenzione poiché l’umidità è un fattore fondamentale nell’analisi del prodotto
  5. Confezionamento
    Una volta che la decaffeinizzazione del caffè è ultimata si può procedere con il confezionamento.
  6. Analisi
    Per rilasciare un prodotto idoneo vengono effettuate tre tipologie di analisi:
    1.  solvente residuo (non superiore a 2 parti per milione sul tostato per quanto riguarda il diclorometano);
    2. residuo di caffeina (non superiore al 0.1% del peso);
    3. Grado di umidità (non superiore all’11%).

Latte-art: il giusto latte per il perfetto cappuccino, qual è?

La latte-art è l’arte di disegnare il cappuccino. È una tecnica che nasce verso la fine degli anni ’70. Ideatore fu Pietrangelo Merlo noto barista di Verona.

Inizialmente vennero ideate le tre figure base: foglia, cuore e mela. Ad oggi tuttavia, sono molteplici le figure ideate e catalogate. Non basta però solo la tecnica per un perfetto cappuccino, vi è bisogno anche del giusto latte.

Qual è il latte adatto alla preparazione del cappuccino?

La prima regola aurea delle 5 “L” del cappuccino è proprio latte! Deve essere sempre fresco e freddo (4°C). Mai a temperatura ambiente! È consigliato l’utilizzo del latte intero poiché ricco di proteine e grassi utili per le fasi di montatura. È assai sconsigliato l’uso del latte a lunga conservazione.

Il giusto latte è vaccino! Esistono però delle valide alternative!

Sono variegati i motivi per scegliere di non utilizzare il latte vaccino per realizzare un perfetto cappuccino all’italiana. Le alternative possono essere: il latte di mandorla, il latte di kamut, il latte di soia e il latte di capra. Il latte d’avena, anche, è ottimale per la realizzazione di un buon cappuccino.

Il latte di riso è assai sconsigliato per essere montato poiché ha una consistenza meno densa oltre che una bassissima percentuale di grassi. Qualora si volesse utilizzare, lascia un gradevole gusto nel caffè macchiato.

Il giusto latte può essere quello a base di cocco?

Per la preparazione del perfetto cappuccino no! La sua schiuma non resiste a lungo tuttavia è l’ideale per un latte macchiato freddo!

Come già affermato sopra, il latte ideale, oltre a quello vaccino, per realizzare un cappuccino denso e cremoso e con la giusta schiuma è quello di soia. La sua consistenza è molto corposa simile a quello di origine animale. Unica pecca? La schiuma ha una bassa resistenza e quindi tende a separarsi facilmente.

Se anche te vuoi imparare tutte e cinque le regole auree del cappuccino oltre che diventare un vero e proprio maestro del mondo caffeicolo, scopri i corsi della nostra Bazzara Academy.
Per maggiori informazioni visita la nostra sezione Formazione oppure invia una mail ad: academy@bazzara.it

LA BAZZARA ESPRESSO APRE LE PORTE A UNA DELEGAZIONE DI IMPRENDITORI COLOMBIANI

La Bazzara Espresso oggi ha accolto un gruppo di imprenditori colombiani che, grazie al supporto della Camera di Commercio Italiana per la Colombia, ha intrapreso un viaggio di lavoro a Trieste finalizzato ad aprire nuove opportunità commerciali per coltivatori e impresari locali e rafforzare la fratellanza tra Italia e Colombia.

Gli ospiti, in rappresentanza di rinomate realtà come Abira Café, Acaima Café e Inversiones Bassa – aziende che si occupano sia di esportare il caffè crudo che di processarlo – sono stati accolti da Marco Bazzara, responsabile dell’Academy Bazzara, quality Manager e trainer AST SCA, che in tarda mattinata ha offerto loro un’introduzione alla degustazione dell’espresso. La delegazione colombiana ha, difatti, partecipato ad un percorso formativo calibrato ad hoc che ha permesso di apprendere come effettuare correttamente un esame visivo, olfattivo e gustativo-tattile dell’espresso italiano, per scoprirne il valore evocativo e sensoriale da un punto di vista oggettivo e soggettivo.

La giornata era invece cominciata con il benvenuto ai propri connazionali da parte dell’ingegner Yaneth Maritza Alvarez Serrano della ABC Net di Roma (azienda che favorisce l’incontro commerciale e culturale tra i Paesi del Centro-Sud America e diversi Paesi europei) e di Franco Bazzara, titolare con il fratello Mauro dell’azienda triestina. L’imprenditore ha illustrato con entusiasmo l’importanza del pianeta espresso per i coltivatori di caffè; le dinamiche di abbandono da parte dei giovani nelle piantagioni; come promuovere la “nuova Colombia” nel mercato italiano del caffè e altro ancora.

Trieste città del caffè e non solo!

Trieste è molte cose. Una città timida, una città multiculturale, una città di mare, una città di  montagna. Trieste è anche la città del vento, la città del divertimento, la città dove le culture di ogni parte del mondo trovano il loro spazio. Trieste è la città mitteleuropea per eccellenza.

A Trieste puoi camminare sugli stessi passi di James Joyce, bere il caffè con Italo Svevo oppure comprare un libro nella libreria di Umberto Saba. Trieste è il posto dove il mare e la montagna s’incontrano, dove la spiritualità incontra il profano, dove le nazionalità non esistono se si è davanti ad uno spritz. Trieste è un luogo da scoprire. Non esiste solo Piazza Unità d’Italia o il Castello di Miramare, costruito da Massimiliano d’Asburgo nella metà dell’800 insieme al suo parco di ben 22 ettari che ospita una grande varietà di piante, scelte dallo stesso arciduca.

A Trieste puoi trovare secoli di storia nell’ARCO DI RICCARDO, che deve il suo nome al passaggio di Riccardo Cuor di Leone. Secondo studi, l’arco dovrebbe essere una porta aperta nel I secolo d.c., parte delle antiche mura della Tergeste Romana. Salendo si può ammirare l’intero colle di San Giusto dove sorge l’omonimo castello e la cattedrale. Il Colle è il vero cuore di Trieste, infatti in epoca romana era possibile trovare: la basilica forense ed il tempio dedicato forse alla triade capitolina. Nel I secolo d.c. vengono edificati i Propilei necessari per l’imponente ingresso all’area sacra: erano due grandi strutture laterali ornate di colonne con al centro una scalinata. È solamente nel Medioevo che vedono la luce sia il Castello che la Cattedrale.

Da Castelliere a Casa del Capitano fino a divenire Castello di San Giusto, la sommità del colle è da sempre punto d’interesse strategico. La prima pianta si deve a Federico III, che nel 1468 ne ordinò la costruzione. Non fu mai al centro di fatti militari rilevanti, e per questo si è conservato fino ad oggi. Attualmente al suo interno è possibile visitare il Lapidario Tergestino dove sono esposti circa 130 tra iscrizioni, bassorilievi e sculture della Tergeste romana.

La Cattedrale di San Giusto invece risale al 1300 d.C. quando le diverse costruzioni presenti quali la basilica paleocristiana a tre navate, una cattedrale più piccola della precedente dedicata alla Vergine Assunta, a tre navate con altrettanti absidi e il sacello di San Giusto, anche’esso di tre navate, vengono unite insieme. Particolare della Cattedrale è il campanile che ingloba in parte i resti dei Propilei romani citati poc’anzi. Preziosi sono anche i mosaici di ispirazione bizantina-ravennate che rivestono le due absidi. Scendendo dal colle è possibile trovare ancora un reperto del I-II sec. D.C., il Teatro Romano destinato a ospitare fino 3.500 spettatori, costruito totalmente in muratura ad eccezione del palcoscenico che doveva essere in legno. Poco distante proseguendo verso il mare, troviamo Piazza Unità d’Italia antica sede del mandracchio (attualmente le lucette blu poste sulla pavimentazione della piazza stanno ad indicare fino a dove arrivava il mare ). All’interno di una delle piazze più grandi d’Europa, si possono ammirare: il palazzo del governo, quello delle Assicurazioni Generali, del Lloyd Triestino e il palazzo del Municipio, sulla cui torre campanaria, sono poste due figure chiamate Micheze e Jacheze. Fronte mare è possibile ammirare la Scala Reale, costruita in pietra bianca di Aurisina, nel 1922, in occasione della visita in città del Re Vittorio Emanuele III. È nel 2004 che viene arricchita di ulteriori due statue in bronzo: la raffigurazione di un Bersagliere che sale la scala sventolando il tricolore in ricordo della prima redenzione di Trieste all’Italia nel 1918 e quella di due donne che cuciono la bandiera italiana in occasione della seconda redenzione del 1964.

Trieste come già detto è tutta da scoprire, proprio per questo è bene sapere che il Canal Grande non esiste solo a Venezia ma anche in questa splendida città che al limitar della sera, nelle giornate più limpide, si può ammirare un tramonto da lasciare senza parole.

Il Canal Grande è situato in quello che oggi viene denominato Borgo Teresiano. Lungo il canale è possibile ammirare la Trieste commerciale con i palazzi dei mercanti che hanno fatto grande la città, piazze e chiese: palazzo Gopcevich e Carciotti, piazza Ponterosso, piazza Sant’Antonio, la chiesa Serbo Ortodossa di San Spiridione e la chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo.

Sul canale in origine erano presenti 3 ponti mobili. Ad oggi rimane solo il Ponte Rosso, accessibile al traffico cittadino. Altro ponte, questa volta esclusivamente pedonale, è il Passaggio Joyce, dove è possibile ammirare la statua di James Joyce. Risalendo, non poco distante, possiamo trovare la seconda delle statue bronzee presenti a Trieste: la statua di Umberto Saba, intento a recarsi alla sua amata libreria. Altro autore importante che ha reso grande la città è anche Italo Svevo, la cui statua si può ammirare in Piazza Hortis.

Trieste dal suo spirito letterario, dal suo spirito multiculturale, ma pochi sanno che ha un’anima nera, come il caffè di cui ne è capitale. Il Porto Franco di Trieste è tra i punti meno turistici ma vero fulcro dell’economia cittadina. Pochi sanno che, in città, esistono moltissimi modi per ordinare un caffè al bar, ben diversi dal resto dell’Italia. Esempio è il nero che si usa per ordinare un caffè espresso, il capo in b ovvero un espresso macchiato in bicchiere o anche un caffellatte che sta ad indicare un cappuccino. Molte sono le personalità triestine che nei secoli hanno scelto di divulgare la cultura del caffè nel mondo, istituendo delle accademie professionali. Un esempio è la Bazzara Academy che da molti anni istruisce, giovani e meno giovani, verso la giusta torrefazione e preparazione della nera bevanda.

Per avere maggiori informazioni riguardo all’accademia, basterà contattarla alla mail academy@bazzara.it oppure visitare il loro sito web www.bazzara.it

Quanto è importante la pulizia della macchina del caffè?

Nella ristorazione e in generale nei locali pubblici l’igiene è importante. La pulizia però per una macchina del caffè è lo è ancora di più.

L’ideale per mantenere in buona salute la propria macchina del caffè sarebbe di pulirla ad ogni fine servizio con prodotti specifici, mentre per il macinadosatore è sufficiente ogni 2 – 3 giorni.

Ma come può incidere, una pulizia errata, sulla riuscita di un espresso?

“La macchina per espresso è in grado di estrarre dal caffè molte sostanze in esso contenute — Gianfranco Carubelli”

Tra le sostanze che vi sono nel caffè sicuramente degni di nota sono i lipidi (grassi e oli), principali componenti della crema e che aiutano a legare tra loro i componenti aromatici. Questi sono essenziali anche perché ci permettono di fissare i composti aromatici del caffè nella bocca al fine di rilasciarli gradualmente. I lipidi però sono anche la causa della produzione di
difetti in tazza come l’irrancidimento. Come? Questi a contatto con l’ossigeno presente nell’aria, innescano una serie di reazioni come il distacco di un atomo di idrogeno dalla catena di un
acido grasso con la conseguente formazione di un radicale libero; da qui si producono quindi dei prodotti secondari che sono responsabili dell’odore di rancido, percepito principalmente
nell’olfatto, fino a pervadere tutto il retrogusto.

Perché è importante sapere queste nozioni per ottenere un buon espresso? Perché i grassi hanno la proprietà di depositarsi sui materiali con cui vengono a contatto, che se non lavati,ristagnano e irrancidiscono. È buona norma effettuare la pulizia della macchina per espresso ogni 500 estrazioni con prodotti specifici adatti alla pulizia e all’igiene.

Come pulire il macinacaffè?

Pulire un macinacaffè è essenziale quanto pulire la macchina stessa. Questi sono gli strumenti che più stanno maggiormente a contatto con i chicchi di caffè. Essendo questa apparecchiatura tuttavia, considerata una macchina “fredda” perché il prodotto al suo interno è a temperatura ambiente, è consigliata la pulizia solamente ogni 2-3 giorni (il calore favorisce l’irrancidimento,
essendo qui nullo, non influisce).

Altro elemento importante da pulire per la riuscita questa volta di un perfetto cappuccino è la lancia vapore. Questa è l’attrezzo del barman atto al montaggio a crema del latte. Anche qui le
proteine, i grassi e il calcio si depositano sia all’interno che all’esterno della lancia andando a influire sulla futura fuoriuscita del vapore. Almeno una volta al giorno è consigliato effettuare la pulizia con pulitori certificati che vada a decomporre le proteine e che intacchi il film di oli e grassi, arrivando a permettere quindi la completa pulizia con l’acqua.